Dipingere o Progettare...
- FiammaArt
- 10 apr 2019
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 18 nov 2024
Fin da bambina ho respirato il fascino dell’arte, girovagando tra le opere sempre diverse esposte alla Pandolfini Casa d’Aste. Vivere a Firenze, con il suo profumo romantico e rinascimentale, mi ha inevitabilmente inebriato. Sono cresciuta divisa tra la passione per la matematica e l’attrazione verso la costruzione, e già da piccola decisi di studiare architettura. Solo arrivando all’università, però, ho compreso quanto totalizzante fosse essere architetto: non una semplice professione, ma uno stato dell’essere. Qui, arte e creatività si fondono per tessere trama e ordito di una tela perfetta, cucita su misura per il committente. È un atto creativo che prende vita nel quotidiano, affrontando i limiti delle regole senza necessariamente dover combatterle.
Da bambina adoravo sperimentare. Ricordo ancora un pasticcio fatto un giorno, mescolando pittura e zucchero. Poi, nell’adolescenza, quella passione si affievolì, lasciando spazio alle classiche crisi esistenziali di una quindicenne. È stato solo durante gli studi universitari che ho ricominciato a dipingere con costanza, scoprendo l’arte della fusione dei colori. Non si trattava semplicemente di accostare nuance, ma di esplorare i contrasti chimici tra tecniche diverse: olio, acrilico, smalto, tempera, pigmenti e spray, ognuno con comportamenti unici e sorprendenti.
Con la tela, ho approfondito il concetto di Mies Van der Rohe, che attribuiva al vetro una connotazione materiale. Anche la mia tela ha presto iniziato a starmi stretta. Ispirata da Mondrian, dal coraggio istintivo di Pollock e dalle intuizioni di Kandinsky, ho iniziato a creare “contro-luce”, superando il limite della bidimensionalità del quadro.
Un quadro è tradizionalmente pensato come un elemento piatto, appeso o appoggiato alla parete. Questa idea mi infastidiva, come una spina nel fianco. Così, ho cominciato a sdraiare la tela, girarla, dipingere sui bordi e persino sul retro, arricchendola con oggetti per darle spessore. Infine, ho trovato il mio metodo preferito: stendere e nascondere colori su entrambi i lati della tela, per poi proiettarli attraverso la luce. Così, l’immagine si rivela non sulla superficie, ma nell’aria, attraverso la tela stessa.
Un quadro, allora, smette di essere solo un oggetto bidimensionale: diventa luce, profondità e materia viva.

Nel mio intento ogni "committente", ogni persona che potrà "fruire" del quadro, dovrà poter esporre l'opera nella massima libertà della propria lettura. A questa potrà essere donata una tridimensionalità allorché esposto con una luce sul fronte o sul retro della tela come prima anticipato. Anche in questo caso sta al "lettore" decidere cosa sia fronte e cosa retro. La mia visione è ciò che, come scrittore, imprimo sul foglio; non sono assolutamente oggettiva anzi, creo emozioni, creo ritratti del carattere e delle emozioni delle persone. Per questo motivo tendo a mettere in controluce le mie opere; prediligo fra tutti il sole diretto.
Non ho una formazione particolare in merito alle tecniche di disegno, sono miei personali tentativi dettati dalla curiosità del momento. Vivo scoprendo giorno dopo giorno come il colore si mescola o meno, quanta trasparenza o corposità lascia, misto tra tela, oggetti e carta. Vivo l'emozione e la elaboro come la mia immaginazione perdutamente razionale la trasforma in linee, sfumature e pennellate. L'eterna passione dello sperimentare, del diventare un tutt'uno con la tela, diventare opera senza esserlo, darle una parte di me, una mia emozione espressa a gran voce.
Commenti