Alice e il folle
- FiammaArt

- 12 giu 2019
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 3 gen 2021
Storia di un sogno di mezzo autunno:

Ripensavo all'immagine nella tempesta di quella notte d'agosto... Tua mamma piange perché ti sente perso e vede una barca piccola in un mare scuro e turbolento. C’è un uomo su quella barca... una canoa ritagliata dal tronco d'un albero. Non ha deriva, né quindi direzione; codesto galleggiante vive in balia del movimento che lo sospinge, a volte sbatte e si adatta a ciò che il vento impone. Ma in una notte dove gli scogli muovendosi schiacciano lo spazio e limitano il passaggio... quella notte c'era un'altra persona nella barca. Quella persona ero io... mi hai vista non ti ho imposto la mia presenza mi dico.
Semplicemente ero lì a remare forse verso acque più calme sulla tua barca. Ti guardavo e sedevo dietro per lasciare che fossi tu a scegliere la tua rotta. Eppure, disse una volta un saggio, non si può aiutare qualcuno a guarire se questi non è disposto a lasciar andare ciò che lo ha fatto ammalare. A volte mi pare di remare con tutto il mio senso (karma?) positivo e vedo te... fatico a capire se stai muovendo i remi nella mia stessa direzione insieme a me, spesso resti fermo a guardare l'orizzonte e a volte ti giri mi guardi male e mi remi contro. Nessuno può imporsi su nessuno, né tantomeno io potrò importi la direzione che vorrai dare della tua vita, del tuo percorso. Posso già scorgere un luogo dove l'acqua pare avere un flusso piacevole verso cui vorrei spingerti, ma quella rimane la mia interpretazione del tuo oceano di pensieri.
Vi sono giorni in cui ho immagini chiare... ebbene vedo me seduta a fare meditazione su un tavolo, in una terrazza piena di fiori e di verde, un giardino pensile all'inglese, ho i capelli lunghi poco mossi, sento un rumore e mi volto indietro. Attraverso la grande finestra di legno bianco vedo te entrare in un salotto molto luminoso… i nostri sguardi che si incrociano nell'infinito di un attimo. Te lo racconto sussurrandotelo ad un orecchio mentre navighiamo fra un'onda e l'altra.
Stai remando.
T’interrompi.
Rimani fisso, come di pietra spaventato, perché remare verso quelle acque è una cosa che d'un tratto pare tu stia facendo solo per te lasciando indietro tutti e non vedi che la fatica che stai compiendo è mille volte più grande perché dietro a te attaccato trascini e porti verso la calma altre barche.
Mi guardi arrabbiato.
Nervoso sostieni di conoscere codesta chimera che pare non dovrà mai essere tua… e non capisco il limite fra ciò che non puoi e ciò che non vuoi.
Poi un'onda d'improvviso, come uno schiaffo d'acqua, gelida apre i tuoi occhi vedi due barche e altre accanto e vedi qualche flusso lento da qualche parte laggiù in lontananza… m'immagini, vedi qualcosa che nemmeno io posso scorgere e mi bisbigli che tutto è meglio di come so… addirittura qualcosa fa uscire dalla tua bocca la parola futuro con una leggerezza tale che il passato pare mai esistito...
E ti credo…
E prendo con me quelle parole e le uso per fortificare le mie braccia per momenti più fragili quando provi a fermarmi a cacciarmi allontanarmi dalla tua barca perché remo verso un luogo dove hai paura di andare o non vuoi andare…
Parliamo la stessa lingua, ma in momenti diversi… una lingua che però solo a te è concesso parlare nel tuo mare perché quando lo faccio io scateno momenti di panico davanti alla burrasca in cui ancora ti trovi.
Non vedi una direzione ed io spingo verso qualunque tu decida di vedere. Come un'allucinazione a volte il tuo sguardo ti fa sentire ubriaco... vedi doppio pare. Eppure in quei momenti di effettiva lucidità, noti che io non sono sulla tua barca, sono sulla mia. La mia è strana anche questa: è tagliata, scavata in un tronco... anche questa è rotta in parte, ma ha un pezzetto piccolo di legno sotto che come pinna pare avere una direzione. Attira la tua attenzione e guardi verso il fondale come per cercare la tua deriva sotto le gambe, ma non la puoi vedere, è nascosta e non sai dove stai andando. Guardi di nuovo su, sopra quest'altra barca, un doppione della tua e vedi un sorriso calmo su un volto chiaro.
Nella burrasca un sorriso.
Poi una carezza delicata che, se chiudi gli occhi, lo senti che forma una lieve curva sul tuo volto. Chiudi gli occhi e ti scende una lacrima che non sai più se sia frutto del sale di mare o del tuo corpo... il tuo volto assume un colore meno pallido... vedi osservi e noti che siamo legati con assi trasversali e corde...
Ricorda la forma di un catamarano.
I due instabili cerchi scavati si sostengono e uniti divengono stabili, abili a prendere una direzione insieme. Tutto si muove in maniera semplice, difficile, ma semplice.
Una ciaffata… poi due e poi ancora lo sguardo si perde.
S’annebbia... o forse si desta dall'inesistente, ma tanto è che tutto torna cupo, le onde richiamano l'attenzione e riportano nell'ineluttabile distruzione. La barca è un sol tronco non la si può distruggere, ma torna a sembrare nuovamente ingovernabile e la quiete, la luce laggiù del sole, il raggio pare affievolito solo la mamma in lontananza che piange e gli scogli che sgretolandosi cadono con violenza nell’acqua... i massi cadono vicini... e ancora qualcosa che s'attacca ai remi suoi e non lo fa muovere né avanti né indietro... così nel momento di massima perdizione ancora quella mano sulla tua spalla... è asciutta è calma è calda è così lievemente appoggiata che pare quasi non sfiori la pelle altrui... d'un tratto ancora il lieve ricordo di quell'immagine che forse sarà... ma forse mai sarà perché non si può o forse solamente perché la direzione immaginata non era quella prevista dal fato...
Magari quella mano ti aiuterà ad arrivare verso acque dove potrai incontrare un'altra barca che si saprà accostare. Con sorriso nuovo fresco, quella nuova altra barca non avrà vissuto il tuo passato e te lo farà dimenticare. O magari per rimaner a galla avrai bisogno di attraccarti a tante barche…
Chi lo sa se ti spunterà una deriva che vada nella direzione della mia... se staccherai le traverse che ci uniscono. Vi sono altri pescatori che mi hanno consigliato di mollare gli assi, staccarli per spaventarti, per farti vedere che senza di me non avrà senso qualsiasi altro equilibrio. Un modo per spingerti nella mia direzione con fretta. Spaventarti così da farti credere che io sia l'unica meta e metà plausibile del catamarano. Eppure non sanno che attaccate alla tua vi sono altre barche, non sanno che, se anche fosse il tuo solo tronco, nessun catamarano va se un solo lato decide.
Non potrò tenermi attaccata con le braccia obbligando la tua barca verso una via non voluta.
Non avrò le forze ne l'ardore di pretendere che le mie unghie d'arpia si possano infilare a fondo nella tua pelle così da garantirmi di averti sempre accanto, non posso nemmeno obbligarti a volerlo e ancora meno fare della tua volontà un'azione forzata. Non potrò riallacciare nodi allentati dalla burrasca per mio solo piacere.
Se la tempesta ci spaccherà gli assi, solo se tutte le nostre braccia si attaccheranno l'una alla barca dell’altro... solo in quel caso potremo tornare verso le correnti calde e calme per ricostruire ciò che si è rotto.
Se con le tue mani mi spingerai lontano da te... questo sarà solo perché non mi vorrai perché ogni volta che la paura ci allontanerà, il destino, il fato, il karma, il tempo o forse più semplicemente l'Attrazione ci riporterà vicini... come una molla, tanto forte sarà il tentativo di allontanare i due estremi di essa, tanto più grave sarà il colpo che li farà riavvicinare... ma chi può dire che io sia l'altro estremo della tua molla destinati a riavvicinarci dinanzi a forze esterne, o solo la mano che, tirandone un estremo, ti allontana da ciò che per te sarà giusto. E se le parti della molla fossero straziate al punto di raggiungere la tensione di snervamento... se il momento elastico divenisse plastico al punto da spaccare con fragorosa violenza l'unione, allora non sarà, per nessuna delle due parti, possibile trovare un nuovo altro che abbia le stesse caratteristiche con cui fondersi.
La quiete non esiste, non esiste una corrente ferma... nell'istante in cui il cammino si ferma l'essere muore, eppure, cari lettori mi chiedo, quale è il cavallo che come me camminerà con lo stesso istinto su colline in continua mutazione. Se libera è ciò che sento d'essere, difficilmente potrò vivere sotto la sua ala... ma sarebbe ineffabile, indescrivibilmente assoluto poter cavalcare, correre, navigare al tuo fianco fra gli ostacoli della vita... uniti dalla stessa visione della vita e dallo stesso obbiettivo.
Questa è la storia di una miscellanea di sogni che m'invadono la mente... una mia profonda interpretazione… È la storia che racconta di due spiriti liberi dove mai esisterà che l'uno si possa imporre sull’altro. Non prenderò mai le redini delle tue vele, potrò solo farti vedere dove sono indirizzate le mie e sperare che le tue vogliano andare dalla stessa parte. Che poi il vento va sempre dove vuole... e sa già se due linee debbano solo incrociarsi in un attimo del percorso o siano destinate a rimanere parallele per sempre in una vita o nell'altra. Si potrebbe intitolare questo testo "in fieri" che in latino significa "in divenire" un qualcosa che è iniziato, ma di cui non si conosce ancora il finale.
To be continued…



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